Il caso Trump e la messa offline di Parler, passando per le limitazioni all’account di Libero: si è sollevata la questione social network e libertà di espressione. Le piattaforme di social media iniziano ad agire come editori. Per alcuni, si tratta di violazione della libertà di pensiero; per altri, le azioni di questi giorni sono sacrosante. Ma le questioni in ballo sono tante.
I fattacci di Washington D.C. hanno lasciato uno strascico profondo nell’opinione pubblica di tutto il mondo. Soprattutto, hanno avuto come conseguenza – più o meno diretta – una lesione nel muro dei social media. Da prima, Twitter e Facebook hanno deciso di prendere dei provvedimenti nei confronti di Donald Trump. In questi giorni, sentiamo parlare di Trump Ban: gli account social dell’ancora Presidente degli Stati Uniti hanno subito limitazioni, oppure sono stati addirittura bloccati in maniera definitiva.
Social network e libertà di espressione: le posizioni in campo
Si tratta di un episodio senza precedenti nella storia dei social media. Finora, ci siamo trovati di fronte ad un muro di solidità granitica ogni qualvolta si sono avanzati dubbi sulla liceità di alcuni contenuti, di alcuni post, di foto e video pubblicati sui social. Da qualche giorno, in quel muro, si è aperto uno squarcio. Qualcuno riesce ad intravedervi la luce; qualcun altro – addirittura inneggiando alla libertà di pensiero e di opinione – parla di censura e di violazione della libertà di espressione.
Sommario
- Social network e libertà di espressione: le posizioni in campo
- Dal Trump Ban alle limitazioni all’account di Libero Quotidiano
- Le caratteristiche dello storytelling di Trump
- Quanto i social influenzano le elezioni
- Nuovo social Trump: ipotesi concreta o boutade?
- Perché molti auspicano creazione Autorità terza
Dal Trump ban alle limitazioni all’account di Libero
Come dicevamo, tutto è iniziato con i fatti di Washington ed il Trump Ban. Ma abbiamo visto, nelle ultime ore, la scure di Twitter agire anche sul profilo del Quotidiano Libero. Una decisione che ha prodotto effetti per poche ore. La testata si è resa autrice, più volte, di titoli discriminatori ed offensivi. Parole ed espressioni vengono usate come lame, per schernire – molto spesso – chi ha un pensiero differente o è rappresentazione di ideali e valori diversi da quelli della testata giornalistica in questione.
Lo storytelling di Donald Trump
L’uso aspro della parola e dello storytelling hanno contraddistinto l’ultima campagna elettorale di Trump. Ma, d’altra parte, non è stato granché differente rispetto a quello della prima. Le teorie della cospirazione, gli attacchi e le provocazioni hanno rappresentato i topos delle argomentazioni trumpiane. Eppure, l’avversario Biden non ha mai raccolto le provocazioni. Ed ha proseguito per la propria strada, sperimentando canali quasi totalmente nuovi per lui: la bilancia della presenza social pende, inesorabilmente, verso il candidato repubblicano.
La sfida social fra Biden e Trump
All’uso massivo della provocazione, Trump ha abbinato un uso chirurgico delle sponsorizzate: ha indirizzato gli investimenti verso gli Stati in bilico. Questo ha, probabilmente, contribuito ad acuire le distanze social fra i due esponenti:
- ai 140 milioni di followers totali di Trump, Biden può contrapporne poco meno di 19 milioni;
- ai 570 e passa milioni di interazioni generate dagli account del repubblicano, il democratico risponde con 187 milioni.
Quanto i social influenzano le elezioni
Viene da chiedersi, come lo è stato per la Brexit e per la vittoria di Trump, se i social abbiano giocato o meno un ruolo decisivo nelle consultazioni democratiche. Al riguardo, si stanno producendo studi mirati. Studi che, per ora, non hanno portato a conclusioni oggettive. Resta il fatto che occorre prendere consapevolezza del ruolo di veri e propri editori svolto dai social media.
Come funzionano i filtri dei social media
Che gli algoritmi dei social non siano neutrali, è un fatto che possiamo dare per assodato. Chiunque abbia un minimo di esperienza social se ne è reso conto. Ma il Trump Ban apre ad una nuova ulteriore questione. Riguarda i filtri che (quasi) tutti i social media dicono di avere: filtri contro la discriminazione razziale, sessuale, religiosa, territoriale, volti a limitare linguaggi violenti e contenuti offensivi.
Sì, perché se si è ritenuto necessario bannare un account è pacifico ritenere che tali filtri non abbiano funzionato. La decisione del ban può essere letta, dunque, come un’ammissione di responsabilità da parte del social media. Diversamente, infatti, i contenuti ritenuti in violazione delle regole, non avrebbero avuto modo di essere pubblicati.
Nuovo social Trump: ipotesi concreta o boutade?
L’azione di censura pone, come anticipato, i social media in una posizione di editori: sono loro – luoghi privati del web – a selezionare voci e contenuti. “Twitter è di sinistra”, ha gridato lo stesso Trump, minacciando la creazione di una propria piattaforma di social media. Una piattaforma che si configurerebbe come una sorta di Parler ancora più sbilanciato a destra.
Perché si parla del social Parler
Il servizio di rete sociale e microblogging statunitense, lanciato nell’agosto 2018, ha rappresentato e rappresenta il social media preferito dai sostenitori di Donald Trump. Su Parler, troviamo i post più accesi di conservatori, cospirazionisti ed estremisti di destra. Nel meccanismo a catena scaturito dal Trump Ban, ha fatto le spese anche questo social media: in pochi giorni, è arrivata la decisione di metterlo offline da parte di Amazon, Google e Apple. Casualmente, ciò è avvenuto a poche ore dall’approdo, sulla piattaforma, di Matteo Salvini.
Perché molti auspicano creazione Autorità terza
Quando la censura non funziona a valle, avviene a monte, insomma. Anche questo potrebbe essere un episodio di svolta. Ed è difficile conciliare le diverse opinioni a riguardo. Alcuni, come il filosofo Massimo Cacciari – intervistato da Repubblica – auspicano l’introduzione di una autorità terza per dirimere questioni del genere. Questo permetterebbe di svincolare i social media dagli obblighi che deriverebbero, invece, da un incremento delle proprie responsabilità. Secondo alcuni, infatti, definire le responsabilità legali delle piattaforme produrrebbe un ulteriore incremento del potere di queste ultime.
Queste le questioni in ballo, quando si parla di social network e libertà di espressione. Difficile credere che si possano dirimere in poche ore. O con un tweet.